COME RIPULIRE LA “FEDINA PENALE”? PARLIAMO DI RIABILITAZIONE

COME RIPULIRE LA “FEDINA PENALE”? PARLIAMO DI RIABILITAZIONE

A volte capita, a chi si trovi nella situazione di avere per qualsivoglia ragione dei precedenti penali, di domandarsi se ci sia la possibilità di “ripulire” la (volgarmente detta) “fedina penale” e se sì in che modo.

La risposta alla domanda è positiva: è bene sapere, infatti, come esista l’istituto della c.d. riabilitazione.

Tale soluzione comporta che il soggetto interessato torni ad essere, quasi, incensurato.

Più nel dettaglio.

L’art. 178 c.p. prevede espressamente che:“… La riabilitazione estingue le pene accessorie ed ogni altro effetto penale della condanna, salvo che la legge disponga altrimenti…”.

Il nostro ordinamento impone al fine di poterla richiedere che sussistano sostanzialmente tre presupposti:

1. il decorso di un determinato periodo di tempo: siano decorsi almeno tre anni dal giorno in cui la pena principale sia stata eseguita o si sia in altro modo estinta, oppure nel caso di recividi di almeno otto anni ed infine il termine è di dieci anni se si tratta di delinquenti abituali, professionali o per tendenza. Qualora, invece, sia stata concessa la sospensione condizionale della pena ai sensi dell'articolo 163, primo, secondo e terzo comma, il termine decorre dallo stesso momento dal quale decorre il termine di sospensione della pena (in pratica dal passaggio in giudicato della sentenza penale di condanna);

2. buona condotta: tale presupposto richiede che il condannato abbia dato “prove effettive e costanti” della sua buona condotta dalla esecuzione o estinzione della pena alla concessione della riabilitazione. Un concetto che deve ricollegarsi sostanzialmente all’esigenza penale di risocializzazione del reo e cioè del conformarsi lo stesso alle regole del comune viver civile. In tale ottica andranno, quindi, valutati attentamente ed alla luce del principio di non colpevolezza gli eventuali successivi procedimenti penali pendenti e/o denunce querele proposte nei confronti del soggetto;

3. la non sottoposizione a misure di sicurezza: la ratio del menzionato istituto, infatti, presuppone che colui che vi si trovi sottoposto sia allo stato socialmente pericoloso, ragione che andrebbe di per sé ad escludere la sussistenza del necessario requisito della buona condotta;

4. l’adempimento delle obbligazioni civili: il mancato adempimento delle obbligazioni civili derivanti dal reato, in assenza della prova da parte del condannato di essersi trovato nell'impossibilità di adempierle, costituisce automatica dimostrazione della carenza della circostanza "buona condotta" che il riabilitando deve fornire. Invero, costituisce sintomo di risocializzazione il positivo interessamento nei confronti dell'offeso dal reato.

Recentemente, ai requisiti ivi menzionati vi è da aggiungere un tassello interpretativo, con riguardo al requisito dell’estinzione o espiazione della pena, fornitoci dalla pronuncia n. 6923 del 2022 dalla Suprema Corte di Cassazione, secondo cui “… i tre anni di buona condotta prodromici alla riabilitazione non iniziano se il condannato, pur avendo scontato la reclusione, non ha ancora pagato la pena pecuniaria. Essa infatti costituisce parte della sanzione principale che deve dunque essere integralmente estinta perché possa decorrere il termine necessario per la concessione della riabilitazione. Né ci si può trincerare dietro al fatto che la cartella di pagamento sarebbe arrivata con colpevole ritardo…”.Secondo la Corte “… l’impossibilità ad accedere al beneficio è ancorato alla mancata espiazione di una porzione della pena, quella pecuniaria per scelta volontaria del condannato che non deve necessariamente attendere l’avvio della procedura coattiva, ma può adempiervi spontaneamente..”.

Dunque, verificata la sussistenza dei requisiti fondamentali all’ottenimento della riabilitazione cosa si dovrà fare per ottenerla?

Si dovrà proporre apposita istanza presso il Tribunale di Sorveglianza territorialmente competente, cioè quello del luogo ove ha la residenza o il domicilio l’interessato.

L’autorità giudiziaria, una volta verificata l’esistenza dell’adempimento degli obblighi civili derivanti dal reato o l’impossibilità di adempierli, il pagamento delle spese processuali, la buona condotta, e il tempo necessario trascorso, concede il beneficio.

Il provvedimento di riabilitazione assume la forma dell’ordinanza e si ottiene in un periodo che può variare da qualche mese sino ad un anno, in base alle lungaggini richieste dalle verifiche sull’esistenza dei presupposti di legge.

Con l’ordinanza di riabilitazione, pertanto, viene meno l’effetto della condanna penale.

Ergo: la riabilitazione comporta il “ripristino” della capacità giuridica del condannato, reinserendolo nella società alle stesse condizioni in cui era in epoca antecedente alla sentenza di condanna.

Di talché si può meglio specificare come vengano eliminate:

-       L’interdizione dai pubblici uffici;

-       l'interdizione da una professione ovvero da un'arte;

-       la perdita ovvero la sospensione dall'esercizio della responsabilità genitoriale;

-       la perdita del diritto agli alimenti.

Da tenere presente infine che qualora, sfortunatamente, la richiesta venga rigettata non sarà possibile riproporre la domanda se non decorsi ulteriori due anni da quando quello stesso provvedimento negativo sia divenuto definitivo.

A cura dell'Avv.
Barbara Martinuzzi