L'indennità di disoccupazione Naspi è conciliabile con una attività lavorativa?

L'indennità di disoccupazione Naspi è conciliabile con una attività lavorativa?

Spesso accade che durante il periodo di fruizione della Naspi, ovvero dell'indennità di disoccupazione, venga proposto al lavoratore un nuovo lavoro.

Esso è conciliabile con la disoccupazione? Può un soggetto lavorare e mantenere la percezione di tale indennità?

La risposta varia a seconda della sussistenza o meno di alcune condizioni.

Di fatto, l'impegnarsi in una attività lavorativa contemporaneamente alla percezione dell'indennità Naspi ha effetti differenti a seconda:

-della tipologia del reddito percepito;

-del tempo occupato;

-del quantum ricevuto.

Il d.lgs. 22/2015 ha infatti definito i confini entro cui il lavoratore può mantenere l'indennità percepita a causa dell'interruzione involontaria dal lavoro subordinato (questa riscontrabile, ad esempio, nell'ipotesi di licenziamento per giusta causa - il c.d. licenziamento disciplinare - o di licenziamento per giustificato motivo oggettivo - cioè connesso a ragioni tecniche, organizzative, produttive del datore di lavoro) e i comportamenti da adottare in caso di reimpiego.

L'Inps ha poi illustrato i limiti del cumulo Naspi-reddito con la circolare n. 174/2017, esaminando la compatibilità di ogni diversa tipologia di rapporto lavorativo.

Semplificando, il legislatore ha previsto che, qualora il lavoratore percettore di Naspi svolga una nuova attività lavorativa - subordinata o autonoma ma comunque a tempo determinato (l'ipotesi di lavoro a tempo indeterminato ovviamente esclude in toto la possibilità di continuare a usufruire dell'indennità di disoccupazione) a seconda dei casi si può avere la cessazione dell'erogazione della Naspi oppure la stessa può essere ridotta o sospesa.

In particolare, per quanto concerne l'ipotesi di compatibilità con il lavoro subordinato, l'art. 9 del d.lgs. 22/2015, intitolato "Compatibilità con il rapporto di lavoro subordinato", al comma 1 stabilisce che: "Il lavoratore che durante il periodo in cui percepisce la NASpI instauri un rapporto di lavoro subordinato il cui reddito annuale sia superiore al reddito minimo escluso da imposizione fiscale decade dalla prestazione, salvo il caso in cui la durata del rapporto di lavoro non sia superiore a sei mesi. In tale caso la prestazione è sospesa d'ufficio per la durata del rapporto di lavoro. La contribuzione versata durante il periodo di sospensione è utile ai fini di cui agli articoli 3 e 5.".

E al comma 2: "Il lavoratore che durante il periodo in cui percepisce la NASpI instauri un rapporto di lavoro subordinato il cui reddito annuale sia inferiore al reddito minimo escluso da imposizione conserva il diritto alla prestazione, ridotta nei termini di cui all'articolo 10, a condizione che comunichi all'INPS entro trenta giorni dall'inizio dell'attività il reddito annuo previsto e che il datore di lavoro o, qualora il lavoratore sia impiegato con contratto di somministrazione, l'utilizzatore, siano diversi dal datore di lavoro o dall'utilizzatore per i quali il lavoratore prestava la sua attività quando è cessato il rapporto di lavoro che ha determinato il diritto alla NASpI e non presentino rispetto ad essi rapporti di collegamento o di controllo ovvero assetti proprietari sostanzialmente coincidenti. La contribuzione versata è utile ai fini di cui agli articoli 3 e 5".

Secondo tale articolo, quindi, gli elementi da tenere in considerazione sono, in primo luogo, il limite reddituale e, in secondo luogo, la durata del nuovo rapporto di lavoro.

In primis, il lavoratore in Naspi che accetta un nuovo lavoro da dipendente, per non perdere l'indennità, deve verificare se il reddito percepito rispetta il limite reddituale prescritto dal d.lgs.22/2015.

Tale limite reddituale è pari ad € 8.145,00 (il reddito annuale, dice la norma, deve essere infatti "inferiore al reddito minimo escluso da imposizione ai fini fiscali").

La valutazione circa il reddito va effettuata in termini previsionali; va accertata l'idoneità potenziale del rapporto di lavoro instaurato a produrre nell'anno un reddito superiore alla soglia suddetta.

Il reddito annuo da prendere in considerazione, indipendentemente dalla durata prevista del rapporto di lavoro, è quello determinato dalla retribuzione annua imponibile ai fini Irpef, quindi al netto dei contributi obbligatori a carico del lavoratore.

Esempio:

Lavoratore:

–assunto il 1.1.2019

–retribuzione mensile pari a 600 €;

–contratto durata di 12 mesi;

–retribuzione annua, quindi, pari a €7.200

==>il lavoratore conserva lo stato di disoccupazione.

Se viene appurato il mancato superamento del sopra indicato limite reddituale, il nuovo rapporto di lavoro è compatibile con la Naspi la cui misura però verrà ridotta del 80% per tutto il periodo intercorrente tra la data di inizio della nuova attività e la fine della Naspi.

Non solo.

Per poter mantenere il diritto alla Naspi, una volta verificato il mancato superamento di tale soglia reddituale, occorre sia che il lavoratore comunichi all'Inps, entro un mese dall'inizio dell'attività, il reddito annuo previsto sia che il nuovo datore di lavoro sia diverso da quello che ha determinato il diritto alla Naspi a seguito del licenziamento.

Se invece viene superato il limite reddituale di € 8.145,00 annui ricorrono due diverse ipotesi a seconda della durata del nuovo rapporto di lavoro.

-Ipotesi n. 1: se il lavoratore instaura un rapporto di lavoro a tempo determinato non superiore a 6 mesi, l'indennità Naspi non si perde ma viene sospesa d'ufficio per la durata del rapporto di lavoro a tempo determinato.

Questo vuol dire che per il periodo in cui si svolge attività lavorativa non si percepisce alcuna indennità di disoccupazione ma, terminatala durata del nuovo contratto di lavoro, d'ufficio la Naspi torna ad essere percepita per tutte le settimane ancora spettanti al lavoratore.

-Ipotesi n. 2: se il lavoratore instaura un rapporto di lavoro a tempo determinato di durata superiore a sei mesi, l'indennità Naspi viene persa in quanto il lavoratore decade del diritto alla prestazione.

Questo vuol dire che durante la vigenza del nuovo contratto di lavoro, non si percepirà alcuna indennità di disoccupazione e che al termine del contratto il lavoratore dovrà presentare una nuova domanda di Naspi.

In questo caso, ovvero qualora si dovesse inoltrare una nuova domanda di disoccupazione, ai fini dl calcolo della durata non saranno computati i periodi contributivi che hanno già dato luogo ad erogazione della prestazione di disoccupazione.

Quindi i periodi di lavoro conteggiati ai fini dell'erogazione della Naspi non possono essere nuovamente utilizzati per il calcolo di una nuova domanda di disoccupazione.

Riassumendo quanto sopra, schematicamente, ricorrono le seguenti ipotesi (sempre che, lo si rammenta, vi sia comunicazione entro 30 giorni all'Inps e datore di lavoro diverso da quello che ha causato la disoccupazione):


IPOTESI1:

reddito inferiore € 8.145,00 annui

==>RIDUZIONE 80% NASPI

IPOTESI2:

reddito superiore € 8.145,00 annui

contratto nuovo lavoro inferiore a 6 mesi

==>SOSPENSIONE NASPI

IPOTESI3:

reddito superiore € 8.145,00 annui

contratto nuovo lavoro superiore a 6 mesi

==>DECADENZA NASPI


Attenzione: la revoca dell'indennità di disoccupazione e quindi la decadenza dal diritto della sua fruizione, secondo quanto previsto dall'art. 11 del Decreto Legislativo n. 22/2015, si ha altresì qualora:

-il lavoratore cominci a prestare lavoro subordinato (anche part-time)senza effettuare entro 30 giorni le comunicazioni obbligatorie all'Inps:

-il lavoratore intraprenda un'attività lavorativa autonoma o sotto forma di impresa individuale, senza le consuete comunicazioni;

-il lavoratore raggiunga i requisiti previsti per prendere la pensione di vecchiaia o quella anticipata;

-il lavoratore acquisisca il diritto di fruire dell'assegno ordinario di invalidità optando per questo in luogo dell'indennità Naspi.


A cura dell'Avv.
Anna Carmela Del Sorbo