Mantenimento figlio maggiorenne: quando non è più dovuto?

Mantenimento figlio maggiorenne: quando non è più dovuto?

“… Non è il mantenimento a dover soddisfare l’esigenza di una vita dignitosa a cuiaspira un giovane adulto, ma altri strumenti di ausilio al reddito…”

“… l’obbligo di mantenere i figli non viene meno con il carattere di automaticità quando costoro abbiano raggiunto lamaggiore età, ma si può protrarre oltre, nel caso in cui questi figli, senza colpa, siano ancora dipendenti dai genitori, in particolare nel caso in cui, ultimato il prescelto percorso formativo scolastico, il figlio dimostri, con onere probatorio a suo carico, di essersi adoperato effettivamente per rendersi autonomo economicamente…” 

(Cass. Civ. ord. n. 38366 del 03.12.2021).

Con queste parole chiude l’anno la Suprema Corte di Cassazione che il 03 dicembre 2021 si è espressa in tema di mantenimento del figlio maggiorenne che non si adoperi per trovarsi un’occupazione che lo renda economicamente autonomo.

Ma andiamo per gradi analizzando in prima battuta le norme in materia del nostro ordinamento.

Il mantenimento del figlio maggiorenne è, infatti, un obbligo che grava su entrambi i genitori sino a quando lo stessonon abbia raggiunto un’autosufficienza economica.

Tale dovere, entro certi limiti, non ha una scadenza vera e propria e si protrae sino a quando la prole non trovi un’occupazioneche la renda autonoma.

L’art. 337 septies, invero, stabilisce che: “… Il giudice, valutate le circostanze, può disporre in favore dei figli maggiorenni non indipendenti economicamente il pagamento di un assegno periodico. Tale assegno, salvo diversa determinazione del giudice, è versato direttamente all'avente diritto…”.

Al mantenimento, pertanto, si potrà provvedere in via diretta (fornendo vitto e alloggio al figlio) o in via indiretta (versando al medesimo un assegno con il quale dovrà provvedere ai propri fabbisogni – es: figlio studente fuori sede).

Il mantenimento del figlio maggiorenne ha un contenuto molto ampio e ricomprende, in via generale, sia le spese ordinarie sia le spese straordinarie. In altri termini, l’obbligo non si limita al minimo necessario per il sostentamento, ma comprende tutte le spese inerenti al pieno sviluppo psicofisico, comprendendo quindi quelle per, istruzione, salute,sport, tempo libero.

Un dovere, dunque, che come si ricordava poc’anzi, non ha una vera e propria scadenza anche se nel tempo sono stati fissati alcuni limiti.

Il d. lgs. n. 154/2013 ha stabilito, invero,che l’assegno di mantenimento del figlio maggiorenne ha una durata variabile,che tiene conto delle concrete circostanze e della situazione del figlio che non abbia raggiunto l’indipendenza economica. Alla disciplina generale, si è aggiunta una lunga giurisprudenza di merito, che ha posto un limite temporale alla corresponsione dell’assegno di mantenimento del figlio maggiorenne: individuato al raggiungimento dei 34 anni.

In particolare, per esempio, il Tribunale di Milano, nella sentenza  29/3/2016 ha individuato una soglia d’età oltre la quale lo stato di non autosufficienza economica, o comunque di disoccupazione, deve ritenersi non più giustificato, tenendo conto delle statistiche ufficiali, nazionali ed europee, in materia.

Ergo, per il Tribunale di Milano, superata una certa età, anche se non si è indipendenti economicamente, i figli maggiorenni raggiungono una sorta di autonomia che non giustifica in alcun modo l’obbligo del protrarsi del mantenimento diretto del figlio maggiorenne (“… il figlio maggiorenne, anche se nonindipendente, raggiunge comunque una sua dimensione di vita autonoma che lo rende, semmai, meritevole dei diritti ex art. 433 c.c. ma non può più essere trattato come figlio, bensì come adulto…”).

In buona sostanza, il figlio maggiorenne, superata una determinata età, non potrà più avere diritto ad essere mantenuto ma potrà al massimo chiedere gli alimenti solamente nel caso in cui versi instato di bisogno.

Secondo un’altra parte della giurisprudenza, al contrario, la spettanza o meno dell’assegno di mantenimento deve essere valutata caso per caso: bisogna distinguere le circostanze in cui la non indipendenza economica sia causata da ragioni oggettive (impedimentipsicofisici, oggettive difficoltà di inserimento nel mercato del lavoro …),oppure dalla negligenza o dal disinteresse nel proseguire gli studi o nel cercarsi un’occupazione. Unicamente in questo secondo caso, non è dovuto alcun mantenimento al figlio maggiorenne “fannullone”.

A scioglimento di questa diatriba giurisprudenzialesi pone oggi la menzionata ordinanza promanata dalla Suprema Corte di Cassazione il 03.12.2021.

IL CASO

A termine della causa di divorzio, veniva stabilito a carico del padre un contributo al mantenimento mensile della figlia trentaquattrenne pari ad Euro 300,00 oltre alla corresponsione delle spese straordinarie nella misura del 50%. Alla madre veniva assegnata la casa coniugale, in quanto convivente con la figlia. In questa vicenda il giudice del merito aveva rigettato la richiesta del padre di revoca del mantenimento posto che il padre non aveva dimostrato in giudizio l’autosufficienza della figlia.

Conclusione, poi, confermata anche inCorte d’Appello per le medesime motivazioni.

LA DECISIONE DELLA CORTE DICASSAZIONE

Il padre ricorrendo in Cassazione eccepiva come il giudice di merito non avesse tenuto in debito conto che la figlia avesse acquisito il titolo professionale di estetista che le avrebbe consentito quanto meno di provare a rendersi indipendente economicamente e che in seconda battuta la stessa avesse rifiutato l’occupazione lavorativa offertagli proprio dal medesimo.

La Suprema Corte, così, accoglieva il ricorso e motivava sulla vicende nel modo che segue.

“…Vanno richiamati i principi più di recente affermati da questa Corte, rimarcandosi così che, fermo l’obbligo di mantenere i figli non viene meno con carattere di automaticità quando costoro abbiano raggiunto la maggiore età, ma è destinato a protrarsi oltre là dove i figli, senza colpa, siano ancora dipendenti dai genitori (Cass. 20/08/2020, n. 17380; Cass. 32529 del 14/12/2018), il figlio divenuto maggiorenne ha diritto al mantenimento a carico dei genitori soltanto se, ultimato il prescelto formativo scolastico, dimostri, con conseguente onere probatorio a suo carico, di essersi adoperato effettivamente per rendersi autonomo economicamente, impegnandosi attivamente per trovare un’occupazione in base alle opportunità reali offerte dal mercato del lavoro, se del caso ridimensionando le proprie aspirazioni, senza indugiare nell’attesa di una opportunità lavorativa consona alle proprie ambizioni (Cass. n. 17183 cit; Cass. 13/10/2021n. 27904)…”

Ed ancora.

“… L’applicazione dell’indicata regola di giudizio si presta ad una sua declinazione in negativo,con riguardo al genitore convenuto in pagamento, secondo il seguente principio di diritto: “In materia di mantenimento del figlio maggiorenne e non autosufficiente,i presupposti su cui si fonda l’esclusione del relativo diritto, oggetto di accertamento da parte del giudice di merito e di cui è gravato il genitore che si oppone alla domanda, sono integrati: dall’età del figlio, destinata a rilevare in un rapporto di proporzionalità inversa per il quale, all’età via via più elevata dell’avente diritto si accompagna,tendenzialmente e nel concorso degli altri presupposti, il venir meno del diritto al conseguimento; dall’effettivo raggiungimento di un livello di competenza professionale e tecnica del figlio e dal suo impegno rivolto al reperimento di una occupazione nel mercato del lavoro”. Al principio enunciato si accompagna l’ulteriore, a completamento e piena composizione del primo, per il quale: “Là dove il figlio, che abbia ampiamente superato la maggiore età, non abbia reperito, spendendo il conseguito titolo professionale sul mercato del lavoro, una occupazione lavorativa economicamente autosufficiente, non è l’attuazione dell’obbligo di mantenimento del genitore destinato a soddisfare l’esigenza ad una vita dignitosa alla cui realizzazione ogni giovane adulto deve aspirare, ma altri strumenti di ausilio che, ormai di dimensione sociale, restino finalizzati a dare sostegno al reddito, fermo l’obbligo alimentare da azionarsi nell’ambito familiare per supplire ad ogni più essenziale esigenza di vita dell’individuo bisognoso…”.

In sostanza, per escludere la sussistenza del diritto al mantenimento il giudice di merito deve accertare:

l’età del figlio che rileva in rapporto di proporzionalità inversa: all’avanzare dell’età dell’avente diritto accompagna, tendenzialmente e nel concorso degli altri presupposti, al venir meno del diritto al conseguimento del mantenimento;

il raggiungimento di un livello di competenza professionale e tecnica;

l’impegno profuso nel reperimento di un’occupazione.

Secondo la Cassazione, qualora il figlio maggiorenne, dotato di titolo professionale, non abbia trovato un’occupazione stabile o un posto di lavoro la cui remunerazione lo renda autonomo, non è lo “strumento” del mantenimento che può soddisfare l’esigenza di una vita dignitosa.

Il giovane adulto deve ricorrere ad altri strumenti di ausilio che sono finalizzati a dare sostegno al reddito. Naturalmente, sussiste l’obbligo alimentare (ex art. 433 c.c.) da azionarsi in ambito familiare per supplire ad ogni più essenziale esigenza di vita dell’individuo che sia bisognoso.

CONCLUSIONE

La Corte di Cassazione nell’accogliere i motivi esposti dal padre in ricorso, ha evidenziato come appunto il genitore per vedersi liberato dall’obbligo di mantenimento debba far valere l’età del figlio in rapporto al conseguimento del titolo professionale, nonché alla sua mancata attivazione nel cercare un’occupazione adeguata.

In conclusione, il mantenimento del figlio non viene meno in via automatica una volta raggiunta la maggiore età, bensì può protrarsi solamente laddove si provi che la mancanza dell’autonomia economica non sia dovuta a colpa dello stesso e che quest’ultimo si sia attivato al fine di reperire uno stabile impiego lavorativo.

A cura dell'Avv.
Barbara Martinuzzi